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contrai qualche raro passante, un ciclista che saliva affaticato. Tra i versanti, in fondo, Torino fumava tranquilla. Dov’era la guerra? Le notti di fuoco parevano una cosa remota, già incredibile. Tesi l’orecchio se si sentivano autocarri.

A Torino i giornali portavano in grossi titoli la resa. Ma la gente aveva l’aria di pensare ai fatti suoi. Negozi aperti, le guardie civiche ai crocicchi, i tram correvano. Nessuno parlava di pace. All’angolo della stazione un gruppetto di tedeschi disarmati caricava mobilio su un camion: sfaccendati assistevano al trasloco. «Non si vedono i nostri, — pensai. — Sono tutti consegnati in caserma per lo stato d’assedio».

Tendevo l’orecchio e sbirciavo negli occhi i passanti. Tutti andavano chiusi, scansandosi. «Forse è stata smentita la notizia di ieri e nessuno vuol ammettere di averci creduto». Ma due giovanotti sotto il portico del Cristallo gridavano in mezzo a un crocchio e accendevano un giornale spiegato che un cameriere voleva riprendergli. Qualcuno rideva.

— Sono fascisti, — disse un altro, sull’angolo, tranquillo.

— Picchiateli, ammazzateli, — urlava una donna.

Le notizie le seppi sulla porta del bar. I tedeschi occupavano le città. Acqui, Alessandria, Casale erano prese. — Chi lo dice? — I viaggiatori in arrivo.

— Se fosse vero, non andrebbero i treni, — dissi.

— Non conosce i tedeschi.

— E a Torino?

— Verranno, — disse un altro ghignando, — a suo tempo. Fanno tutto con metodo. Non vogliono disordini inutili. I massacri li faranno con calma.

— Ma nessuno resiste? — dissi.

Sotto il portico crebbero gli urli e il tumulto. Uscimmo fuori. Uno dei due, in piedi su un tavolino, arringava la gente, che assisteva beffarda o scantonava. Due si picchiavano contro un pilastro, e la donna strillando insolenze cercava d’intromettersi. — Il governo della vergogna, — gridava l’oratore, — del tradimento e della disfatta, vi chiede di consumare l’assassinio della patria — . Il tavolino traballava; dalla folla si levarono invettive.

— Venduto ai tedeschi, — gridavano.

C’erano dei vecchi, delle serve, dei ragazzi, un soldato. Pensavo a Tono e a quel che avrebbe detto lui. Urlai qualcosa all’ora-


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