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acqua terrosa e di foglie. Sembrava abbandonata; c’era ancora la scaletta di ferro per scenderci.

— Di chi è questa villa? — disse Momina. — In che stato.

— Ecco, — dissi, — restaurare questo cantuccio e invitarci chi piace a me. La sera scendere a Torino in macchina e, avendo voglia, vedere qualcuno. Cosí vivrei se fossi in voi. L’avessi avuta da ragazza.

— Lei può farlo, — disse Rosetta. — Piú di noialtre. Forse a lei piacerebbe.

— Non si fanno queste cose, — le dissi. — Basta averle in mente. Per riempire la giornata bisogna muoversi. Non sono piú cosí giovane da stare volentieri in campagna.

Momina disse: — Visto che niente vale niente, bisognerebbe avere tutto.

— Se ti mancasse la pagnotta, — dissi, — chiederesti di meno.

— Ma ce l’ho, — disse Momina gridando. — Ce l’ho, la pagnotta. Che cosa posso farci se ce l’ho?

Rosetta disse che anche i frati nei conventi rinunciano a tutto ma non alla pagnotta.

— Siamo tutti cosí, — dissi. — Prima mangiare poi si prega.

Momina portò la macchina su una curva che dominava Torino, la scoperchiammo e ci sedemmo dentro a fumare. C’era nel sole caldo odor d’erba e di cuoio.

— Via, — disse Momina, — andiamo a prendere l’aperitivo.

Quel pomeriggio un telegramma mi annunciò che l’indomani arrivavano da Roma. La valanga cominciava. Naturalmente Febo era andato per i fatti suoi e al telefono non rispose. Mi buttai sotto, con Becuccio, trovammo due decoratori, era già buio che ancora martellavamo, provavamo luci, staccavamo tendine. Arrivarono le casse; feci e rifeci una vetrina, senza scarpe nei piedi, come una commessa. Alle otto Mariella telefonò, per ricordarmi la festa nello studio di Loris. La mandai al diavolo e tornai a drappeggiare stoffe, furibonda perché tanto sapevo ch’era un lavoro inutile, fatto per mostra; l’indomani Madame l’avrebbe rifatto. L’agenzia che doveva mandarmi le commesse telefonò che soltanto lunedí mattina poteva disporre. Anche questo era tempo sprecato, perché le assunzioni toccavano a Madame, che le voleva sottomano già fatte, e poi cambiava di testa sua. Becuccio docile correva, telefonava, spaccava casse, senza perdere la calma. Un bel momento (i decoratori


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