Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
disse Mariella traversando un corridoio. Quando si calmò l’andirivieni nei bagni, m’ero seduta su una poltrona di vimini, e Mariella s’aggiustava i capelli a una specchiera, Momina s’era tolte le scarpe e buttata sul letto, la Nene e Rosetta parlottavano alla finestra spalancata. Pensavo a quei film di ragazze americane che vivono tutte in una camera, e una piú vecchia che la sa lunga fa da balia alle altre. E pensavo che è tutta una finta: l’attrice che fa l’ingenua è la meglio divorziata e pagata. Ridevo tra me, e Momina che fumava disse: — Ci mandassero un bicchierino...
— Non capisco, — cominciò Mariella, — perché donna Paola si vesta cosí da zingara, con gli orecchini...
Parlarono un pezzo degli orecchini e delle donne assenti. A un certo punto sobbalzai sulla poltrona: m’ero di nuovo assopita. Sentii il fresco della stanza e la voce aggressiva della Nene esclamare:
— Sei cattiva, sei cattiva, non ho bisogno di far da madre a nessuno.
— Non ne hai bisogno ma lo fai, — disse Momina.
La Nene, in mezzo alla stanza, gridò con voce stridula: — Gli uomini sono bambini. Noi artisti siamo due volte bambini. Se togli questo che cosa ci resta?
— Che cosa vuoi togliere? — disse Momina. — Non c’è niente da togliere alla vita, è già zero. Ah, — e si rivoltolò sul letto, — mi fate schifo...
Disse Rosetta, dalla finestra: — Se gli vuoi bene, Nene, non curarti di quello che dice Momina. Lo fa per farti arrabbiare...
— Si capisce, — disse Mariella.
— Di chi parlate? — chiesi.
— Di quel genio di Loris, — disse Momina saltando dal letto, di un uomo che per fare il bagno ha bisogno che una donna lo ami... Preferisco Fefé.
Di sotto avevano battuto un gong. — Andiamo, — disse Momina. — Le ragazze in sala.
Consumammo nella veranda la colazione che i custodi erano corsi a cercare in paese. Donna Paola col suo mantello scarlatto da zingara faceva l’ostessa e si scusava che i piatti dovessimo passarceli a mano. Pasteggiammo a chianti e liquori, nei bicchieri da cognac. Mariella cianciò a non piú finire. Verso la fine si dovettero tirare le tendine, tanto sui vetri batteva il sole.
345 |