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— Forse, quello che dico della collina tu lo trovavi nelle bestie. Ti piacevano quelle selvatiche, le lepri, le volpi?

— Non mi piacevano, — disse Poli risoluto. — Io con le bestie discorrevo, come discorro con voi. Non si può discorrere con delle bestie selvatiche. Mi piaceva Bub perché si lasciava frustare. Mi piacevano i gattini perché li tenevo sulle ginocchia. Capisci? — disse rischiarandosi, — come con una donna, come stare con mamma...

— Mamma è un’altra cosa, — riprese. — Poveretta, mi ha fatto soffrire. Ci fu l’inverno che andò a Milano, e passai Natale solo, coi domestici e la neve. Stavo a guardare la neve dalla finestra nel buio, e se le donne mi cercavano non rispondevo, per farle ammattire...

— Ecco un ricordo per l’inverno, — dissi.

— Mamma non c’è piú, — disse Poli. — Hai ragione. Per me in campagna è sempre inverno.

Cosí passò quella sera, e a mezzanotte si dovette cenare. Pinotta ci guardava, noi due a quel tavolo, e aveva l’aria di divertirsi assai. Andava e veniva ciabattando. Una cert’ansia la sentivo, piú di Poli. Bevemmo a lungo e a un certo momento, non so come, gli parlai di Rosalba. Gli chiesi dov’era, come fosse finita.

— Oh, — disse Poli malinconico, — è morta.


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