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che si perda? — Poi ridendo; — Fate un po’ a zucca vostra. La strada la sa.

Quando discesi in sala, li trovai con Oreste. Pieretto era rimasto a sguazzare nel bagno. Mi aveva gridato qualcosa attraverso la porta.

Rientrando nella sala a vetrate, non ero ancora rassegnato all’avventura. La Pinotta aveva finito allora di raddrizzare vasi di fiori, raccogliere piatti e bicchieri, metter via portacenere, e la sala era un luogo delizioso, coi mobili e le tendine chiare e leggere. Nelle altre stanze s’ammucchiavano dai tempi del nonno cacciatore arredi piú rustici, cassepanche, seggioloni, tavolacci di quercia — un letto aveva addirittura il baldacchino — ma qui in sala si sentiva la mano di Gabriella e di Poli. O di Rosalba? mi chiedevo. Non potevo levarmi di mente Rosalba, le macchie di sangue, la sciocca cattiveria di quei giorni. L’impaccio che provavo a camminare sui tappeti, a comportarmi civilmente, a vedere la sgraziata Pinotta chiamata e comandata con durezza e allegria, era fatto anche di questo, del ricordo di Rosalba, del sospetto che simili cose potessero accadere in mezzo a tanta pulizia e civiltà.

Quel mattino parlammo di boschi. Andò che Oreste raccontava che a me piacevano le campagne, tanto che avevo rinunciato al mare per la gola di venirci, e subito Gabriella disse qualcosa del mare, di una spiaggia con un piccolo porto dove avevano degli amici, e i tronchi degli ulivi arrivavano in acqua. Era un mare privato, una spiaggia cintata, proibita, con la piscina in mezzo al bosco per i giorni di vento e nessuno dei bagnanti della costa poteva entrarci, nessuno che non fosse dei loro. Poli malignò sul buon gusto dei padroni di casa, che a sentir lui mandavano la servitú vestiti da pescatori, con la fascia alla vita e il calzerotto in capo.

— Scemo, l’hanno fatto quella volta della festa, — disse Gabriella con uno scatto che mi spiacque. Colsi un lampo, una smorfia cattiva, come nell’incontro del primo giorno.

Oreste disse: — C’era un bosco che toccava l’acqua?

— C’è ancora. Queste cose non cambiano — . Era tornata disinvolta ma, parlando, teneva d’occhio le mosse di Poli. Lui fumava e sorrideva astratto.

— In quel bosco Gabriella ha danzato Chopin, — disse guardando fatuamente il fumo. — Danze classiche, scalza e col velo, sotto la luna. Non ti ricordi, Gabri?


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