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la messa cosí, guardando il cielo. Io mi chiedevo se a Mombello i due cugini taciturni erano gente da far festa, se interrompevano la loro vita — l’aia, la terra, la grotta del vino — per mescolarsi all’altra gente. La loro festa era la caccia, l’attesa paziente, la solitudine dei crepuscoli. Quando la chiesa si vuotò, guardavo le teste a una a una, se ritrovassi un altro sguardo, un altro piglio cosí sornione, cosí pacato e selvatico insieme. Uscirono le nostre donne. La Giustina ci scrutò avidamente, strattonando le bambine, e cominciò la discussione.

Voleva sapere perché venivamo a messa se poi la perdevamo stando fuori sul sagrato.

— Cos’è il sagrato? — disse Oreste.

Pieretto la disse piú grossa. Spiegò che tutto il mondo è la chiesa di Dio e che perfino san Francesco s’inginocchiava nella selva.

— San Francesco era un santo, — ringhiò Giustina, — credeva in Dio.

— In chiesa, — disse Pieretto, — vanno quelli che non credono in Dio. — Non mi dirà che l’arciprete crede in Dio, — dichiarò, — con quella faccia.

Intorno a noi si discuteva di feste e di fiere imminenti, perché il culmine d’agosto è un tempo vuoto, in cui la campagna, tra grano e vendemmia, dà respiro e i contadini si muovono, contrattano, se la godono e lasciano correre. Dappertutto era festa e si parlava di andarci.

— Il culto, — diceva Giustina, — il culto. Se non si rispettano i ministri del culto, non si è cristiani né italiani.

— Religione, — disse il padre di Oreste, — non è soltanto andare in chiesa. Religione è una cosa difficile. Si tratta di allevare dei figli, mantenere una famiglia, vivere d’accordo con tutti...

E Giustina a Pieretto: — Allora, sentiamo da lei, — strillò, cos’è religione?

— La religione, — disse Pieretto fermandosi, — è capire come vanno le cose. Non serve l’acqua benedetta. Parlare con la gente, bisogna, capirli, sapere quel che ognuno vuole. Tutti vogliono qualcosa nella vita, vogliono fare qualcosa che non sanno mai bene. Ebbene, per ognuno in questa voglia c’è Dio. Basta capire e aiutare a capire...

— E quando sei morto, — disse Oreste, — che cosa hai capito?


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