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Stefano gli diede la moneta, per troncare il discorso. — Non vi dico d’entrare, perché è troppo sporco.

Gaetano disse volubile: — Siete ben sistemato qui. Per pulire vi ci vorrebbe una donna.

— Però, — disse Stefano. — È la prima volta che scelgo una donna al buio.

Gaetano disse: — Noialtri si fa sempre cosí, — e gli strinse la mano con effusione.

Stefano fumava la pipa un mattino all’osteria e vide entrare guardinghi Gaetano e il meccanico. Vedendo il viso asciutto di Beppe, pensò a Giannino che aveva fatto con lui l’ultimo viaggio. Gaetano serio gli toccava la spalla: — Venite, ingegnere — . Allora ricordò.

Il sarto, un ometto rosso, li accolse con mille cautele nella bottega. — Sta mangiando, — gli disse. — Ingegnere, riverito. Nessuno vi ha visti? Sta mangiando. Ha passato la notte con Antonino.

La porticina di legno del retro non voleva aprirsi. Stefano disse: — Andiamocene pure. Non vogliamo disturbare, — e spense la pipa.

Ma entrarono tutti ed entrò anche lui. La stanzettina aveva il soffitto obliquo, e la donna sedeva sul materasso disfatto, senza camicetta sí che mostrava le spalle, e mangiava col cucchiaio da una scodella. Levò gli occhi placidi in viso a tutti, tenendosi la scodella sulla sottana fra le ginocchia. I suoi piedi non toccavano terra, tanto che pareva una bambina grassa.

— Hai appetito eh? — disse il sarto, con una curiosa vocetta raschiante.

La donna fece un sorriso sciocco, indifferente, e poi quasi beato.

Gaetano le andò vicino e le prese la guancia fra le dita. La donna con malumore si svincolò e, deposta la scodella a terra, si posò le mani sulle ginocchia fissando in attesa, forse credendo di sorridere, i tre uomini. Stefano disse: — Non bisogna interrompere i pasti. Ora andiamo.

Fuori respirò l’aria fredda e smarrita. — Quando vorrete, ingegnere, — gli disse subito Gaetano, alla spalla.


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