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Allora Guido le raccontò di quell’anno che aveva preso lo studio e che venivano i suoi amici studenti a trovarlo e ce n’era uno che poi si era fatto frate. Amelia non faceva ancora la modella ma le piaceva divertirsi, e venivano di giorno e di sera e ridevano e bevevano mentre lui cercava di lavorare. Proprio come fosse stato con Amelia la prima volta, non si ricordava. Poi qualcuno era andato soldato, un altro aveva fatto gli esami, uno s’era sposato: l’allegria era finita.

— Ti dispiace? — disse Ginia, fissandolo.

— Dispiace di piú al frate, che ogni tanto mi scrive e mi chiede se lavoro e se vedo qualcuno.

— Ma possono scrivere?

— Non sono mica in prigione, — disse Guido. — Quello era l’unico che gli piacevano i miei quadri. Se lo vedessi: un uomo forte come me, grande, con degli occhi da ragazza. Capiva tutto, è un peccato.

— Tu non ti farai frate. Guido?

— Non c’è pericolo.

— A Rodrigues non gli piacciono i tuoi quadri. Lui sí che ha una faccia da prete.

Ma Guido difese Rodrigues e le disse che era un pittore straordinario ma era uno che prima di dipingere ci pensava sopra e non faceva niente per caso e gli mancava soltanto il colore. — Al suo paese ce n’è troppi, di colori, — disse. — Ne ha fatto indigestione da piccolo e adesso vorrebbe dipingere senza. Ma com’è in gamba.

— Mi lascerai vedere quando dipingi coi colori? — disse Ginia stringendogli il braccio.

— Se sarò ancora capace, quando poserò questa divisa. Prima sí che lavoravo. Facevo un quadro alla settimana. Quella vita mi eccitava. È finito il bel tempo.

— Di me non t’importa niente? — chiese Ginia.

Allora Guido se la strinse al braccio. — Tu non sei mica estate. Tu non sai cosa sia fare un quadro. Dovrei innamorarmi di te, per diventare intelligente. E allora perderei tempo. Devi sapere che un uomo lavora soltanto se ha degli amici che lo capiscono.

— Non sei mai stato innamorato? — disse Ginia, senza guardarlo.

— Di voialtre? Non ho tempo.

Quando furono stanchi di camminare, andarono al caffè a fare


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