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e attacca discorso. Allora gli chiedo con chi faceva l’amore. Talino mi dice che non aveva nessuna e che stava meglio quando andava in pastura perché a quei tempi c’era una ragazza, Ginia, che veniva con le vacche.

— E dov’è adesso?

— Mah, per queste colline.

— Hai delle belle sorelle, — gli dico. — Sono tutte belle cosí a Monticello?

Ma lui risponde ch’era meglio a Bra.

— Qui come fate a conoscervi? — gli chiedo. — Lavorate sempre.

Mi rispose che si andava in festa alla Madonna d’agosto; quando venivano i suonatori; e che a battere il grano, a sfogliare, e a raccogliere l’uva, c’era da bere e da parlare a volontà, in tutte le cascine.

— Allora quest’estate ci divertiamo.

Talino dice di sí, poi guarda storto.

— Se credi che ti tenga compagnia giorno e notte, — gli dico. Tre non fanno la coppia.

— Non c’è mica bisogna di uscire dai beni, — mi fa Talino, — per parlare con qualcuna. Non ti piace la Pina?

— Che Pina?

— La mia.

Lo guardo e mi sembra tutt’altro che stupido. Lo guardo di nuovo, e vedo, che aspetta.

— È lei chi ti manda?

— Me l’ha detto Miliota.

Allora accendo l’ultima, perché fumando si capisce meglio. Ma Talino mi lascia fumare e non dice piú niente.

— Pina è quella che guarda storto? — gli faccio.

— Sí.

— Mica per altro, ma io non voglio sposarmi.

Talino dice: — Ebbene? Intanto le parli, non c’è mica bisogno.

Intanto vedo tra le piante il picco della collina pelata e cominciamo a salire.

— È ancora lontano?

— È un momento.

— C’è chi gli parla, alle tue sorelle? — chiedo a Talino, ch’era davanti.

Talino si ferma e mi aspetta. — C’è Gisella che parlava con Ernesto del Prato.


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