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372 parte seconda

Quando noi credemmo dovere, non soltanto di amico, ma di uomo politico, di mettere in guardia il marchese Rudinì, egli ci guardò in viso come meravigliato della nostra ingenuità, e stringendosi nelle spalle, con un sorriso indifferente, disse:

— E chi se ne affligge?

Nessun dubbio che il generale Luigi Pelloux, preparandosi al Chievo la successione, più che alla sua personale ambizione, avrà pensato in buona fede di poter rendere un vero servizio alla Corona.... Ma sbagliò nel fare troppo a fidanza sopra energie... che gli mancarono in mano!

Ma, per carità, parliamo di cose meno ostiche, e torniamo nelle sale del Chievo.



Uno degli ultimi giorni della dimora reale al Chievo, dopo colazione, mentre S. M., come ne aveva l’abitudine, stava sulla soglia d’entrata, in istretto colloquio col futuro Presidente del Consiglio, generale Pelloux; noi, tanto per ingannare... quel grande ingannatore ch’è il tempo, profittammo di quel colloquio, che pareva più del solito interessante, per entrare, cheti cheti, in una delle vicine sale, ove in forma di poltrona, era rincantucciata, inoperosa, una bilancia.