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muore per l’altro. Niso nell’episodio del IX libro poteva dar prova sì d’agilità di garretto, sì di maestria nel tirare il giavellotto. Ondeggiò forse Vergilio, se porre Niso tra i contendenti nell’arco o tra quelli della corsa: preferì quest’ultima, per poter dare anticipata una prova della eroica fratellanza dei due amici. Ma quando la preferì? Forse solo al momento dell’esecuzione, perchè solo allora ebbe l’inspirazione di aggiungere quella nota di sentimento all’episodio omerico corrispondente (Ψ 740-97). Ed ecco spiegate le due lacune del V. Niso ed Euryalo con lui erano stati messi forse nella gara dell’arco, in luogo il primo di quell’Hyrtacide Hippocoonte che non si sa perchè sia accolto clamore secundo (491 e seg.); in luogo il secondo di quell’Eurytion, che sebbene fratello di Pandaro, non fa nè prima nè poi assolutamente nulla nel poema. In questa gara sì, poteva aver luogo quella dichiarazione del sangue e della qualità di Niso che si trova nel IX 177 e segg.; così per esempio (ma suppongo, non sia mai detto abbastanza!):

V                         et primus clamore secundo 401
IX Hyrtacides <exit Nisus> quem miserat Ida,
Venatrix iaculo celerem levibusque sagittis.
177
V Tertius <Euryalus...> 495
IX                               quo pulchrior alter
Non fuit Aenaedum Troiana neque induit arma,
Ora puer prima signans intonsa iuventa.
179

Ed è curioso quel verso manchevole (322) Tertius Euryalus, vederlo insieme col 495 Tertius Eurytion; ed è curioso notare come sostituendo Euryalus ad Eurytion nel 514, Tela tenens, fratrem Eurytion in vota vocavit, noi avremmo l’ultima di Euryalus