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la poesia epica in roma 273

poeta sollecitazioni a comporre epicamente, come non mancavano a Orazio stesso. Perchè Vergilio non ubbidiva? È verosimile che più che l’asprezza dei nomi de’ re Albani, più che la selva selvaggia (così presso a poco si può rendere materia nel luogo di Donato) dell’argomento, lo distogliesse la ripugnanza a modificare il suo piano. Egli aveva il suo piano prestabilito ed era amplissimo: res Romanas; un rifacimento, diremmo, degli annales Enniani: non voleva forse adattarsi a restringere il magnifico soggetto al panegirico d’una persona, alla narrazione di una guerra Aetolica, d’una presa d’Ambracia. Quindi si diede a un genere affatto opposto, pure mostrando in esso quale sarebbe il suo spirito di poeta nell’altro, e pure accontentando Varo, Pollione, Ottaviano; e poi scrisse il poema della pace, seguendo sì in esso il consiglio di Mecenate, perchè questa volta il consiglio gli pareva degno, e rispondeva anzi ai voti del gran poeta paesano e agricoltore, del poeta che malediceva le guerre civili e ne aveva tanto sofferto. Quando Vergilio potè riprendere il suo disegno giovanile? e dovè allora modificarlo?

Egli lo riprese dopo la battaglia di Actio avvenuta nell’autunno del 723. Il poeta diede l’annunzio del prossimo grande poema nel proemio al terzo libro delle Georgiche (10-39), le quali, quando Augusto ritornò da quella guerra, potè leggergli in Atella compiute1. Quel proemio egli scrisse, dunque, mentre Ottaviano era ancora in Oriente. Le sue ripugnanze erano vinte dal grande fatto compiuto,

  1. Don. vita 27.