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trattato, si scusa con una ragione nuova, che non avrebbe allora detta. Ora può dirla, ora che il suo poema e il verso «lungo» ha conquistato i cuori e le orecchie Romane. Sì, questa guerra è stata cantata da altri, ma coi saturnii dei Fauni e dei Vati, col rozzo metro ámetro del popolo. Per «dire», ci vuole primamente l’inspirazione intima (sono le Muse? è una vita d’antico poeta che ditta dentro?), poi lo studio. Questi (Ennio indica sè con un gesto che ha ragione di essere altero), questi ha superato li scogli, nei quali l’altro, quello, è rimasto lè una mia congettura, per cui vedi nota a Naev. fr. i); questi ha per il primo attinto alle sacre fontane della poesia. Dopo tale proemio, egli tuttavia, pur trattando la prima guerra punica, se ne passa con più brevità del solito: relinquit, per dirla con Cicerone1; se pure... se pure Cicerone non parla in relazione con la larghezza usata da Ennio negli ultimi libri; nel qual caso egli si sarebbe ingannato sulla causa della maggiore ristrettezza nel VII e forse nell’VIII e nel IX. Certo, per ammettere con me che Ennio riprendesse il poema nel 558 o giù di lì, alla conclusione della guerra Macedonica e alle sue conseguenze, bisogna tenere errata l’indicazione in Gellio di XII annale, che egli avrebbe scritto nell’età di 67 anni, nel 582. Ed errata è di certo. Come avrebbe Ennio aspettato a dopo il 582, per scrivere la guerra di Aetolia avvenuta nel 565? come in tre anni di vita avrebbe compiuti i sei ultimi libri? E notiamo che gli ultimi tre libri cominciavano, secondo ogni verosimiglianza, con un

  1. Vedi nota a Enn. libro settimo.