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non giudicò di accettarle, sempre sperando che gli si presentasse in patria una cosi favorevole circostanza. Vostra Eccellenza ebbe la degnazione d’alimentare in lui una simile fiducia colle umanissime espressioni delle quali piu volte l’onorò; e il signor consiglier Pecis, fino dall’anno passato, si compiacque di proporgli, forse anche col benigno consentimento di Vostra Eccellenza, una cattedra d’eloquenza superiore, in caso che questa fosse nel numero delle cattedre, che si destinavano per Milano. Non potè essere accettata da Parini che col sentimento della piú grande soddisfazione e riconoscenza una proposizione che tanto l’onorava; e perciò contento attendeva che il caso si verificasse, per indirizzar poi a Vostra Eccellenza le sue umilissime suppliche. Né tralasciò egli di pregare il signor consigliere Pecis che ne volesse prevenire Vostra Eccellenza, come anche si raccomandò poi caldamente al signor consigliere conte di Willecek (0, perché si compiacesse di far con essa il medesimo uficio in qualche momento d’ozio, che le venisse concesso dalla presente villeggiatura. Ora sente che sia per conchiudersi l’affare degli studi; e, sebbene si persuada quanto sia utile che la maggior parte delle cattedre resti a Pavia, pure si lusinga che questa, che di sua natura piú influisce sopra la coltura e sopra il gusto universale, possa esser destinata per la cittá dove risiede la corte, il governo, i magistrati supremi, il maggior corpo della nobiltá e il piú gran numero di cittadini, e che in tal guisa si concili la piú comune utilitá colla fortuna di lui e colle diverse relazioni, che gli rendono il vivere assai meno incomodo e dispendioso in Milano. In tale supposizione, il Parini ardisce di supplicare umilmente Vostra Eccellenza che, qualora non lo stimi affatto indegno d’un tanto onore, si degni di proporlo a Sua Maestá per la detta cattedra d’eluquenza superiore, assicurandola che tutto l’altro (1) Sic per Wilzeck [Ed.].