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i - abbozzi 5


egli e la madre esultanti spiegano il dono del figlio che, per mezzo loro, ha fatto Augusta all’Insubria, e come quivi avvinto lo abbia col nodo di felicissime nozze; e vogliono che il tempio maravigliosamente eretto rimanga perpetuo testimonio dell’opera loro, dove i presenti e i futuri insubri convengano a celebrar le virtú e le beneficenze d’Augusta. Dall’una parte e dall’altra si entra naturalmente nelle lodi d’Augusta medesima e degli sposi. Mercurio e Pallade si danno per vinti; confessano e dimostrano esser questo il piú grande beneficio che Augusta potesse fare al suo popolo; e questo essere il giorno nel quale perfettamente si compie la felicitá dell’Insubria. Come potrebbe reggere all’esuberanza di tanti affetti il fortunato genio dell’Insubria? Sfogasi egli adunque con quelle espressioni, che gli vengon dettate dal magnifico sentimento d’una presente, estesa felicitá. Le lodi, i ringraziamenti, gli auguri agli dèi, ad Augusta, agli sposi, si odono dalle bocche di tutti; e con ciò termina pomposamente l’azione.

Questo soggetto felicemente maneggiato sembra suscettibile di nobiltá e di grandezza nelle allusioni, di naturalezza, di forza e di varietá d’affetti per uso della musica, e finalmente di magnificenza nello spettacolo e nella decorazione.

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ABBOZZO DELL’«ASCANIO IN ALBA»

Era antica fama tra gli abitanti del delizioso e fertile paese dove poi fu Alba, che sarebbe un giorno venuto un giovane straniero della stirpe di Venere ad abitarvi, e sposarvi una nobilissima ninfa della stirpe generosa di Ercole, e a compier la felicitá di que’ popoli assumendone il governo. Il giovane straniero era Ascanio che giá da qualche tempo vivea quasi sconosciuto per informarsi delle qualitá del paese e della ninfa. Erasi egli di lei innamorato ed ella di lui, non conoscendolo per Ascanio.