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162 il giorno


sul cavo legno armoniose fila.
     Né la squisita a terminar corona
170che segga intorno a te, manchi, o signore,
il precettor del tenero idioma
che da la Senna, de le Grazie madre,
pur ora a sparger di celeste ambrosia
venne all’Italia nauseata i labbri.
175All’apparir di lui l’itale voci
tronche cedano il campo al lor tiranno;
e a la nova inefabil melodia
de’ sovrumani accenti, odio ti nasca
piú grande in sen contro a le bocche impure
180ch’osan macchiarse ancor di quel sermone
onde in Vaichiusa fu lodata e pianta
giá la bella francese, e i culti campi
all’orecchio de i re cantati furo
lungo il fonte gentil da le bell’acque.
     185Or te questa, o signor, leggiadra schiera
al novo di trattenga; e di tue voglie
irresolute ancora or quegli or questi
con piaeevol discorso il vano adempia,
mentre tu chiedi lor tra i lenti sorsi
190dell’ardente bevanda a qual cantore
nel vicin verno si dará la palma
sovra le scene; e s’egli è il ver che rieda
l’astuta Frine che ben cento folli
milordi rimandò nudi al Tamigi;
195o se il brillante danzator Narcisso
torni pur anco ad agghiacciare i petti
de’ palpitanti italici mariti.
     Cosí poi che gran pezzo a i novi albori
del tuo mattin teco scherzato fia,
200non senza aver da te rimosso in prima
l’ipocrita Pudore e quella schifa
che le accigliate gelide matrone
chiaman Modestia, alfine o a lor talento,