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ii - il mezzogiorno 139


dall’inerte lor man lavoro industre,
felice invenzion d’uom nobil degna.
Chi sa intrecciar, chi sa pulir fermaglio
a nobile calzar? chi tesser drappo
640soffribil tanto, che d’ornar presuma
le membra di signor che un lustro a pena
di feudo conti? In van s’adopra e stanca
chi ’l genio lor bituminoso e crasso
osa destar. Di lá dall’Alpi è forza
645ricercar l’eleganza. E chi giammai,
fuor che il genio di Francia, osato avrebbe
su i menomi lavori i grechi ornati
recar felicemente? Andò romito
il Bongusto finora, spaziando
650su le auguste cornici e su gli eccelsi
timpani de le moli al nume sacre
e agli uomini scettrati; oggi ne scende,
vago alfin di condurre i gravi fregi
infra le man di cavalieri e dame:
655tosto forse il vedrem trascinar anco
su molli veli e nuziali doni
le greche travi; e docile trastullo
fien de la Moda le colonne e gli archi
ove sedeano i secoli canuti. —
     660— Commercio! — alto gridar; gridar: — commercio! —
all’altro lato de la mensa or odi
con fanatica voce: e tra ’l fragore
d’un peregrino d’eloquenza fiume,
di bella novitá stampate al conio
665le forme apprendi, onde assai meglio poi
brillantati i pensier picchin la mente.
Tu pur grida: Commercio! e la tua dama
anco un motto ne dica. Empiono, è vero,
il nostro suol di Cerere i favori,
670che tra i folti di biade immensi campi
move sublime; e fuor ne mostra a pena