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— Gentiluomo, voi adunque impacciato con quel pazzo vi siete? — Al quale subito rispose il gentiluomo: — Che pazzo? Non fusse egli piú tristo di ciò che egli è pazzo ! — Io so ben io

— soggiunse il nodaro — che gli è pazzo e da catena e che gli è in tutto del senno uscito. Misero! che egli farebbe peccato ad un giudeo! E quasi, s’io non sapessi che egli tanto innanzi piú non ha saputo, mi maravigliarei qui del magnifico rettore, che cosi in distretto tenesse un pazzo come è costui ; al quale se avete dato denaro alcuno, per avventura saranno stati involati overamente gli avrá, come fonilo i pazzi, gittati giú per un canale o per strada, dove meglio si sará abbattuto. — Il gentiluomo, ribattendo le parole del notaio, diceva benissimo le sue ragioni, e similmente dal notaio ribattuto era benissimo; talmente che il rettore volle vederne il tutto. Per che, fattosi condurre avanti Tomaso, che giá per dare arra della sua pazzia s’aveva straciato di dosso quasi tutti i panni, e interrogatolo di ciò che quel gentiluomo gli dimandava, mai altro da lui non puoté avere che fischi e fiche, si come consigliato gli aveva il notaio che facesse. Vennero similmente degli altri, ai quali similmente la truffa era commune, e, dicendo che costui il pazzo faceva, fecero si che il podestá comandò, per fargli paura, che costui alla corda fusse posto, senza però fargli altro che paura: per la qual cosa nulla di piú potè però aver da Tomaso di quel che senza corda avuto s’avesse, percioché di patto n’avrebbe egli tre tratti benissimo sopportati prima che ritornare a chi doveva i ricevuti danari. Fu adunque, e perché far altro non si poteva e per la diligente e sollecita cura che n’ebbe il notaio, Tomaso, senza pagarne cosa alcuna, di prigione come pazzo liberato. Al quale poco doppo dimandando il notaio i venticinque ducati promessi, altro mai non ne potè trarre che quello che per suo consiglio tratto n’avevano gli altri suoi creditori e messer lo podestá, cioè fischi e fiche; taic’né, tutto beffato, con l’ordito inganno ingannato rimase lo ingannatore. Il quale bisognò che in pazienza la si togliesse, non volendo, manifestando quello che era, accusar se stesso e dimostrarsi egli stesso piú degno di pena e di castigo che Tomaso

non era.