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mi fosse uscita la materia che nel fine del giorno messer Muzio propose, e perciò io ad ogni altra cosa pensassi che a questa, di dovere oggi narrare alcun fatto di donne; nondimeno, per non oppormi al voler di tutti voi che insieme a ciò consentite, e per non avere a mutare di propria autoritá la diliberazion vostra, di quanto vederò che piacer di voi sia resterò contento, disponendomi anch’io fra questo mezo a ragionare, secondo die mi tornerá a mente, sovra questa materia. — Messer Fulvio, dette queste parole, si tacque. E, mentreché i giovani, ciascuna parte del giardino ricercando, a diporto si andavano, senza quasi accorgersene, l’ora del desinare sopravenne; laonde noi tutti fummo dal discreto siniscalco a mangiare chiamati. E cosi postine a sedere alle tavole, lietamente, essendo con riposato ordine serviti, mangiammo. Ma, poiché finito si ebbe il desinare, tolte via le tavole, ciascuno su si levò; e, sagliendo le scale della casa, riducendosi nelle fresche camere di quella, chi ad una cosa si diede, chi all’altra, e chi, avendo voglia di dormire, si andò a riposare alquanto. E, poiché il sole giá ebbe passato mezo il cielo e venuta fu la ora del vespro, inesser Fulvio, destando ciascuno che dormiva, e tutti gli altri parimente avendo adunati insieme, fu cagione che i giovani, scendendo le scale, da capo si riducessero nel giardino, e quivi, fuggendo l’ardente sole, si ritraessero sotto la loggia all’ombra. Ove, poiché sedendo tutti racchetati furono, ciascuno cominciò attendere che messer Fulvio primo degli altri al ragionare desse cominciamento. Il quale, dispostosi a ciò volentieri, cosi disse: