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A VENI MENTO XXI

Cimone, per liberare alcuni cittadini fatti prigioni da’ nimici, fa vendere in Atene una sua casa, disubligandosi della promessa da lui fatta ai nimici.

Fu l’onorevole e valoroso fatto dei due giovani ateniesi, Armodio e Aristogitone, tenuto da ciascuno della brigata maraviglioso, e lo avenimento insieme di quelli nel mandare la loro generosa impresa felicemente ad effetto; quando messer Ercole, poiché vide racchetati i giovani, che infra di loro variamente dell’ardire di Armodio e Aristogitone discorrevano, voltatosi a messer Camillo, il carico piacevolmente gli impose del ragionare. Per che egli, senza piú stare, cosi diede principio:

Da che cominciarono al mondo i prencipati a passare dall’uno nell’altro per ereditá o per successione e non per elezione, tantosto tralignando gli ultimi dalla natura dei primi e dai loro antichi costumi, lasciando l’opere virtuose, hanno atteso a superare gli altri di grandezza, di ricchi ornamenti e di tutte le maniere di delizie e dilicatezze, cercando in cose tali di farsi e di parere differenti dagli altri privati, e non in quelle in prima

che si ricchiedono ad un prencipe che governi Stato; di maniera

che, tirato il prencipe da quelle ad altri difetti, e perciò divenendo a poco a poco intolerabile al suo popolo, comincia ad essere odiato, e per questa cagione a temere. Donde aviene poi che, mentre il prencipe temendo cerca di assicurarsi, tosto convien passare alle offese, alle ingiurie, alle sceleritá; da che alla fine nasce una tirannia. Da questa poi nascono i principi delle rovine, hanno origine le novitá, e tosto si sollevano alcuni potenti, che congiurano e si armano contra il prencipe; e questi tali, non giá persone timide o deboli di forze, ma nobili, ricche e generose d’animo sovra gli altri. Onde, non potendo costoro comportare la corrotta vita del tiranno, e meno sotferire le gravi e acerbe ingiurie che alla giornata vengono