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nostro. — Aveva Aristogitone le parole di Armodio udite, le quali benché a lui paresse che vere fussero, e cosi come egli desiderasse di prendere di tanta ingiuria fattagli dal tiranno vendetta, pure a lui in cotal guisa rispose: — A me vanno cosi come a te, o Armodio, per l’animo questi istessi pensieri, che di e notte, per dovere l’onor perduto racquistare, alla vendetta mi stimolano; ma forse tu non pensi, come io, quale impresa sia questa alla qual porre si vogliamo, quanto pericolosa e temeraria e come da ogni parte malagevole ci si dimostri: il che mi leva spesse fiate l’animo di poterla fornire. E non consideri che molte se ne sono tentate, e pochissime al desiderato fine condotte. Dèi adunque sapere che i pericoli che si corrono nelle congiure sono grandi e strabocchevoli, perché per tutti i tempi ci soprastanno. Vi è pericolo nel trattarle, nel mandarle ad effetto, ed essequite che sono. Del primo pericolo del trattare la congiura non voglio che prendiamo sospetto, essendo noi dal tiranno ugualmente ainbidue stati offesi; perché, per vendicarsi dell’una e dell’altra ingiuria, di pari consentimento ci troviamo disposti. Ma cotali diliberazioni possono agevolmente in qualunque altro uomo cadere, e molti sono gli animi delle persone offese, che ciò che noi vogliamo vorrebbono fare, perché nel volere non è pena né pericolo alcuno, ma nello esseguire il fatto sta la difficulta. Percioché in ciò vi sono molti pericoli, o di variare l’ordine o di mancare l’animo a colui che ha ad operare, o d’alcuno errore, che per imprudenza dello essecutore si commetta. Onde grandemente perturba e impedisce l’impresa il dovere in un momento variare l’ordine per innanzi posto e volgerlo da quello che si era ordinato prima. Percioché, avendo i congiurati per piú giorni fermato il lor pensiero ad un modo e ad un ordine, se quello convengono incontanente variare, egli è impossibile che non si turbino e confondano l’animo, onde sbigottiti poi guastino il tutto. Può mancare leggiermente a chi essequisce l’animo o per riverenza o per viltá dalla quale sia novamente soprapreso lo essecutore; percioché non è dubbio che la persona d’un prencipe rappresenta sempre una certa maestá nella presenza, che inchina l’animo degli uomini a riverenza,