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A VENI MENTO XVI

Clearco, re di Creta, infestato da’ nimici e inteso dall’oracolo di Apollo che la vittoria dei cretesi era posta nella sua morte, in abito di soldato assaltò i nimici e fu ucciso. I nimici, intesa la sua morte, abandonano l’isola, ed esso è realmente sepellito e con publica orazione lodato.

Messer Fabio, finito il suo ragionare, taceva, quando messer Camillo, che lui attentissimo era stato ad udire, tolto quasi da profondo pensiero, alzò il viso e a messer Emilio fé’ segno che appresso dicesse. Il quale, doppo lo essere sopra di té stato alquanto, incominciò:

Signori, egli non è dubbio veramente che grandissima parve la umanitá d’Antigono verso di Pirro e quasi fuori del naturai costume degli uomini. Percioché l’usare umanitá, benignitá e clemenza verso altrui si è veduto piú volte: ma usarla verso d’un suo nimico (e qua! nimico!), verso colui che pur allora gli faceva ingiuria, ch’era con l’essercito venuto ad assaltarlo, non giá per usargli cortesia veruna, ma per distruggerlo, credo che di rado si vegga. Non è dunque maraviglia se cotal virtuoso atto, come quello che l’ordine comimine degli altri trappassa, fu mandato a perpetua memoria delle lettere. Percioché far beneficio, dimostrarsi cortese ad un amico overo ad uno straniere che non t’abbia obeso, è leggier cosa, ma ad un nimico, che tuttavia e il regno e la vita ti voglia tórre, partecipa quasi del divino. Il che si comprende non meno dalle sagge e gravi parole in riprensione del figliuolo dette, le quali dimostrano il bell’animo e la virtú di quel re, che dall’atto cortese di onorare si affettuosamente del suo nimico la testa, come se la morte glielo avesse riconciliato amico. Che si dee dire della compassione ch’ebbe al figliuolo? il quale potea pur egli pensare che la fresca morte del padre piú alla vendetta lo incitasse, che la umanitá usatagli a deporre gli odii lo spignesse: nondimeno benignamente lo licenziò. Non