e il desiderio che dell’onor mio tenete. Ecco come anco in
questo luogo volete voi ch’io, benché indegnamente, sia il primo
che doni principio a cosí dolce ragionamento, onde oltre, vostra
mercé, l’essere il primo, ci è ancora un mio grandissimo vantaggio; percioché ogni cosa ch’io ragionerò non potrá se non
apparere e grata e di qualche valore, poiché ancora il paragone di quello ch’abbiate a ragionare alcun di voi, che miei
maggiori in ogni cosa tengo, non ci appare. — Anzi, magnifico
Contarino — rispose lo Spira, — cotesto carico è dato prima
a voi, perché con il paragone del vostro dire e del vostro soggetto faciate che ognun di noi piú s’assottigli per apressarvisi. Però incominciate quando in piacer vi sia, ché noi tutti
lietamente v’ascolteremo; e appresso poi colui al quale voi
carico ne darete seguirá: e cosí di mano in mano, tutti novellando, seguiremo, senza però avere obligo alcuno piú a questa
spezie di proposta che a quella. — Orsú! — disse il Contarino —
poiché cosí piace a voi ch’io primo sia, facciasi il vostro volere.
La novella, ch’io intendo ragionarvi, sará uno accidente pietoso
e miserabile, il quale forse mi guarderei di raccontare quando
ci fossero donne che l’ascoltassero. Percioché io non son
sicuro che elleno, pietosissime e amorevolissime, dirò con sopportazione del conte, che tutte le tiene tigre e serpenti, potessero
ritener le lagrime, le quali non potriano non essere di grandissima tristezza a tutti noi cagione. Perché qui non sono cuori
cosí deboli, che, udendo raccontare le altrui infelicitá, debbiano
allargare il freno alle lagrime, ma si bene animi cosí forti e
cosí virili, che vivono sicurissimi d’ogni avversa fortuna, non
mi guarderò di darvi cosí compassionevole principio. E questo farò tanto piú volontieri quanto piú degna è la questione che
io ci veggio nascere nel fine; degna, dico, di essere fra voi.
cosí valorosi e ruii ingegni, un poco considerata e discorsa.