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impresa, perché la modestia sua non l’avrebbe lasciato ricordare la bellissima e gentilissima figliuola, la quale merita aver sempre de’ primi luoghi fra le piú belle e piú gentili che si trovino al mondo. Ce ne sono in Padova infinite altre, ch’io non ricorderò per acquistarmi manche mimiche; ché certamente io non vivo sicuro di non m’aver provocato queste poche, ch’io ho nominate, nemiche, avendo avuto ardimento di ricordarle, essendo certo di non poter dar loro quelle lodi e far loro quello onore che loro conviensi. Ma scusimi il desiderio ch’io tengo che si sappia ch’io sia servitor della loro onestá, bellezza e gentilezza.

— Sia lodato il cielo — disse il Corso — eh’ io non affaticherò, per conto di lodar donne, niuno de’ vostri ingegni, perché io sono d’una cittá che poche... — Non passate piú oltre — disse il Vittorio, — ch’io so quello che volevate dire, e non voglio comportarlo, lo sono stato in Ancona, nella qual cittá ho conosciuto infinite donne d’infinito valore e di maravigliosa bellezza, tra le quali conobbi una madonna Leonora Nappi, una madonna Girolama Ferretti, madonna Margherita Bonarella, madonna Mattea pur Ferretti; le quai gentildonne meritano essere lodate e in ogni parte nominate per rarissimi essempi ad ogni maraviglia, ché veramente cosi belle e cosi valorose sono, che saranno sempre piú tosto dalle piú belle e valorose del mondo invidiate che vinte.

— Ora a me tocca — disse allora il Zorzi — ragionare delle donne piacentine, compatriote di messer Alessandro Colombo, perché in quella cittá sono per passaggio stato di molti giorni, e ci ho ricevuto di molti piaceri e di molte cortesie, e ci ho veduto di molto belle e valorose madonne, fra le quali una madonna Alvigia Asinella, uscita di casa Pallavicina; una madonna Anna Sanseverina, che fu figliuola del signor Gaiazzo Sansev’ciino; una madonna Ennenná Puglia e una madonna Giulia Rossa, nata di casa de’ Scoti. Le quali gentildonne sono veramente nate per far vedere che la natura non può essere dall’arte superata; ch’io mi rendo sicuro che Tiziano, il quale sa dipingere i visi di cosi maravigliosa bellezza che fa innamorare e sospirare gli uomini della biacca e del cinnabro, non