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QUESTIONE IV

Disse allora il magnifico Goro: — Sappiate, Molino, che io non sono neanco di altro parere, ancorach’io sia poco atto a poterlo sostenere. E che ciò sia vero, che l’uomo per elezione s’innamori, io ne traggo segno dal giudizio, il quale sempre precede allo amore; ché senza dubio veruno noi, prima che amiamo, giudichiamo la cosa amata degna della nostra affezione, e ne sapemo rendere infinite potenti ragioni, come o della bellezza o della virtú o della grazia. Ché se altramente fosse, pure si troveriano assai persone che, amando, confesseriano amare e non saper per qual cagione, onde saria forza poscia confessare che per destino in noi nascesse lo amore; della quale opinione io in tutto sono e sempre fui lontano. — Disse il Susio:

— Veramente, magnifico Goro, io fui gran tempo anch’io del parer vostro; ma poi, meglio essaminando, mi contentai di credere il contrario. E dico questo: che, se il giudicio, come avete detto, ci concorresse, niuna donna brutta sarebbe amata, perché non è uomo cosi cieco né cosi pazzo che non sapesse di due donne eleggere e amare la piú bella; e il contrario ne siegue, che non solamente vedemo degli uomini giudiciosissimi amar le brutte, ma averle per cosi belle, che con Venere non ne fariano cambio. La qual cosa non si può dire che altro sia che un forte e indissolubile legame di destino, che li ritenga in cosi vii servitú e faccia lor parer bello il brutto e dolce l’amaro.

— Ahi ! non vogliate, Susio — rispose il Goro, — che tante operazioni felici e tante belle cose, che per lo amore succedeno da noi, sieno frutti di destino, come saranno ognora che potrete sostentare che amiamo per forza del cielo. Ma, per rispondervi a quel ch’avete detto, io dissi prima e vi replico che tutti gli amanti sanno rendere ragione dei loro amori, alla qual cosa