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il trionfo della penna d’airone 85

Unica pena sarà il non partecipare al dolcissimo banchetto, epulæ suavissimæ, che ora sta per incominciare; tanto più gradito in quanto che inaspettato. Alla guardia!

«Alla guardia!» era l’ordine dato a coloro che dovevano spiare se il censore o il rettore a caso passassero.

La scatola fu rovesciata sul biliardo, posto in mezzo alla camerata.

Un grido selvaggio di gioia accompagnò il cadere dei preziosi canditi.

— È mio, me li portò mio padre! — singhiozzai e feci per lanciarmi.

— Tacete Corame, figlio di Sutor o di Crispinus che dir si voglia! — tuonò ancora la voce — Voi non avete diritto di parlare!

Fui preso, percosso, costretto al mio banco. Mi vennero meno le forze. Piansi.

Dopo mezz’ora i dolci erano scomparsi. Una orgia famelica! la scatola, fatta a pezzi, mi percosse ripetutamente sulla schiena e sulla testa.

Feci rapporto al prefetto, il quale mi disse:

«Ella sa bene che dolci in collegio non se ne possono portare. Dunque il primo colpevole è proprio lei! In secondo luogo io le osservo che se i compagni hanno fatto male a portar via i suoi dolci, lei pure ha fatto male a volere egoisticamente tenerli tutti per sè. In fine non dimentichi che lei, qui, ha il posto gratuito, e perciò il pane che mangia è tolto in parte