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il trionfo del marito di clodio 23


Rantolava pietosamente.

Al tatto, sentimmo dal suo viso grondare un sudore gelato.

— Marchese — dissi io — che ha? sta male? è ferito?

Aperse gli occhi al richiamo, mi ravvisò, sorrise bonariamente:

— Oh, lei, caro? no ferito, ma mi sento male, molto male. Come? Non lo so. Questo è il bello.

Lo sollevammo da terra reggendolo per le ascelle, il che ci riuscì assai facile essendo noi due di aitante statura ed egli assai piccino ed esile.

In questa grottesca posizione io presentai al marchese il dottore.

— Onoratissimo, caro signore, e.... e.... molto a proposito, molto a proposito — fece il marchese piegandosi, per fare un inchino, sullo sparato bianco; ma in quel punto gli spasimi cominciarono atroci.

— Caro amico — fece il dottore a me con quella nobile e pietosa calma che distingue i seguaci di Esculapio quando v’è urgenza del loro soccorso — favorite in cerca di una vettura, qualcuna ve ne deve ancor essere di stazione nello spiazzale dello Stabilimento.

Partii di corsa.

Dieci minuti dopo li raggiunsi con una vettura da piazza.

— Come va?