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il trionfo delle rose 241

erano di moda e perciò gli etici, compresa Mimì, erano destinati a morte lenta ma sicura, ed agli amanti non restava che di piangere amaramente la perduta compagna. Pianto nel cuore se non pianto su gli occhi mi germogliava vedendo (andavamo lenti, soli, obliosi dell’ora) sotto il colle fiorito di S. Luca, biancheggiare la Certosa, la città dei morti! Lì i vostri bei piedini sarebbero rimasti immobili! Oh, mi aveste comandato di morire per voi! mi aveste comandato di farvi sposa all’altare prima del sopraggiungere della morte! Certo se così aveste comandato, io vi avrei risposto, come già Lancilotto alla regina Ginevra: «Gran mercè, dama!»

No! Voi non domandavate così grandi sacrifici nè tanta prova d’amore eroico: per il presente non domandavate che qualche umile colazione nelle trattorie suburbane dove le sottili, patrie tagliatelle pasticciate scomparivano sorbite a pena da’ bei labbri a cuore di molle corallo; e per l’avvenire molte, molte rose per la vostra prossima tomba in cimitero. Voi mi tessevate frattanto tutta la mia futura vita; felice, ricca, lunga! Non mi invidiavate, non ne eravate gelosa purchè mi fossi ricordato del vostro stornello e della funerea promessa delle rose.