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216 i trionfi di eva

denzi era in vena di generosità grande: mi regalava un intero discorso) che non si possano seguire anche le idee eterodosse; queste anzi oggi portano più avanti, forse, che le idee ortodosse, benchè bisognerebbe anche qui distinguere fra idee eterodosse e idee originali, ribelli, contro corrente, contro onda, e tu mi hai l’aria di prediligere le idee di questa ultima categoria, le quali non hanno mai recato fortuna ai loro possessori. Il far parte «per se stesso» — come dice Dante — si deve interpretare quale cosa spettante a lui solo, alla sua più che umana natura, non come massima applicabile alla vita se non in qualità di ornamento poetico. (La distinzione era sottile: io per esempio da quando lo aveva dato in custodia al professore di greco perchè imparasse tutti i verbi irregolari, non lo avrei mai creduto capace di tanta sottigliezza: ma credi, o lettore, che nell’iniquo mondo l’abito del dottore molto vale a formare il dottore! Poni il paltoniere in toga ed ermellino e in meno che tu non supponga l’udrai pronunciare parole di non sospettata saviezza). Però — proseguì l’illustre mio amico — anche nell’essere eterodosso, originale, ribelle alle convenienze ed alle convenzioni, ci vuole metodo, metodo, metodo: disciplina, disciplina, disciplina; costanza, costanza, costanza! Per far fortuna come ribelle bisogna essere un ribelle d’ordine. Pare un paradosso, e non l’è! E la verità è questa che solo dall’or-