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sentenze e di questa virtù, provava il piacere puerile che deve provare un povero disperato il quale scrive su dei pezzi di carta straccia: «Buono da cento lire», «buono da mille», e vaglia di un milione presso la Banca d’Italia, e si imagina che quei fogli si mutino in tanti bei scudi sonanti, in banconote, pioventi ne la sua stamberga fitte come falde di neve.

E, si sa bene, le idee germogliano come le gramigne, e a me venne la fissazione che per riuscire a questo buon fine bisognava cominciare col diventare esempi di virtù essi stessi; quindi volere fortemente, vincere le passioni, purificarsi e purificare.

Quando principiarono le vacanze dell’autunno, stabilii di non andare a casa, perchè mi pareva che quel muovermi, quel rivedere mia madre, quell’espormi all’affetto di lei, sarebbe stato come un rompere l’atmosfera di virtù che io andavo fabbricandomi d’intorno, come il baco fa del suo bozzolo.

Andai invece a Napoli, dove vivevo tutto il giorno in una biblioteca, e la notte in una stanzetta d’albergo di quarto ordine. La colazione consisteva in un panino che mi mettevo in tasca