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Era giunto senza avvedermene dove il sentiero sboccava su la via maestra e Patirai era di fronte a me che stavo fermo sull’estremità della strada, dove lo scoglio rompe e scende, fondo e livido, nel mare. Essa mi fissava con quelle umane e umide pupille che io credo verosimilmente leggessero dentro la mia anima; e non si moveva nè abbaiava.

«È inutile — meditai —, il problema della vita non l’ho capito: un compito su cui ci lavorai tanto! Zero punti, maestro; e, pur troppo, senza il beneficio di ripetere l’anno o la prova! Terribile problema!»

«Problema facile», mi sentii contraddire timidamente.

In quel punto Patirai aveva mandato un lieve guaito che lacerò l’incombente silenzio delle cose.

«Problema facile..., quasi tutti lo risolvono!...» e quelle pupille mi guardavano con muto dolore, e il guaito si ripeteva.

Allora non ricordo come avvenne che la paurosa calma che mi occupava si mutasse in improvviso furore, in una rabbia delirante di annientarmi e di annientare tutto. Ricordo che