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Quell’ottobre passò: lui, Aquilino a ripassare grammatiche latine e libri di scuola; la mamma a rinacciare vecchie camicie lise, qualcuna farne di nuove; e calze e maglie di vera lana, fatte coi ferri, perchè si andava contro l’inverno. Così fin tardi, al lume della lampada a petrolio. Si parlava anche dell’avvenire di Aquilino. Mamà avrebbe voluto che avesse studiato da medico, come il babbo e come il nonno. La più nobile delle professioni, diceva lei. Ma Aquilino che si ricordava da bimbo quando andava, talvolta, col babbo in campagna a far le visite, era d’altra opinione, Io non voglio fare il medico che cura i villani. Voglio far F avvocato che è il mestiere che fa tremare i x)illani.

— Vuoi far l’avvocato? — esclamava mamà, e lo diceva con un certo suo far della testa, come per significare: Per vivere di imbrogli e di ciarle? Non c’è già quella grande avvocata nostra, la Madonna?

Se per far l’avvocato, questo egli non sapeva; ma per imparare come è fatta quella stregonerìa della legge, questo sì, sapeva, già che si deve vivere in questo mondo. E la