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Aquilino uscì, dunque, di casa e non ebbe molto a girare che trovò quel signore, sotto il tendone del caffè dei signori, che sorbiva una granita. Gli stette un po’ davanti, ma non osava accostarsi. Lo riconobbe lui: — Sei tu quel signorino — gli disse — che faceva, ier sera, all’amore con la cocòmera?

Ad Aquilino pareva di dover dire tante parole di riconoscenza; e invece rimase lì un po’ oca mùtola. Il cuore lo spingeva bensì verso colui, ma ora la luce del giorno metteva in rilievo troppa differenza fra quel signore e lui. Non che quel signore vestisse con sfarzo, anzi vestiva un semplice àbito grigio scuro: ma c’era un non so che di troppo fine; come di vellutato, di profumato, che formava una gran distanza fra loro due.

— Prendi, bimbo, un rinfrescativo per bocca? — gli bisbigliò. E ordinò una granita.

Proprio in quel momento transitava lì, davanti al caffè, il vecchio conte Biancolini, uno dei maggiorenti più autoritarî della città. Il quale conte certamente, in mezzo alla gran barba grigia, aveva una bocca: