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seminario, si figurava quelle teste poderose con il mento enorme e quadrato, la bocca ricurva a gli angoli, la fronte densa di opere e di pensieri sopra il lampo de le pupille immote.

Pensava a la portentosa energia rinchiusa in quei crani ed in quelle anime: aveano costretto la lingua a scolpire il loro pensiero, aveano costretto i popoli a subire il dominio de la loro forza civile: essi sono morti e il mondo di essi ancora ragiona.

L’umile lettore di Livio, in quel silenzio notturno, impallidiva a tali ricordanze e chinava sotto tanta gloria la fronte, come le piante si curvano sotto lo spirito de la tempesta.

Un’ebbrezza di memorie, un fremito di opere grandi turbavano la sua anima e lo costringevano ad interrompere la lettura. Lo stoppino de la lucernetta s’ingrossava in un putrido fungo, e l’olio oramai consumato, mandava scoppiettii e disegnava ombre ne la stanza. Ma fuori, nel gran silenzio de la notte serena, luceva la luna ed a quel lume, dietro i campi sparsi di più grandi ombre, biancheggiava la striscia d’una larga via maestra.