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di Alfredo Panzini 417

Quando alla donna parve, portò un tovagliolo, un pane, una forchetta di ferro e gridò verso un sotterraneo:

— Baccalà alla livornese per uno.

— Adesso ho capito — , meditò il signor maggiore — , la cucina è laggiù.

E gli sarebbe piaciuto intanto parlare con quella donna e tentò così qualche delicata domanda, ma ne ebbe quelle gelide risposte che le donne rèndono all’uomo, quando questi non rappresenti più per esse una potenza o di amore o di denaro.

E intanto era entrata una compagnia di quattro uomini un po’ cialtroneschi all’aspetto, ai quali la donna, come per consuetudine, porse una lavagnetta e le carte da gioco, ed essi si misero a giocare e ogni tanto guardavano lui, perchè, nel modo istesso che un birbante produce meraviglia e repulsione fra gente per bene, così un uomo per bene produce meraviglia e repulsione fra birbanti.

Bestemmiavano anche Iddio, i santi, la Madonna, l’Italia, la patria; ma che ricchezza di lingua! Tutte le parole terminavano in italiano.

Finalmente un passo risonò su per la scaletta di legno del sotterraneo.

— Oh, ecco il baccalà alla livornese!