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394 Diario sentimentale

La sera, dopo la gita al porto, si era seduti al caffè: lui in smoking coat, con una camicia da marchese. Era una processione, davanti a noi, di popolane, signorine, signore, che ritornavano dopo essere state a sentire la musica al mare. Avevo io un bel parlare, cambiare discorso; nessun discorso attaccava. Fissava, fissava, e chiedeva; — «Quella chi è? cosa fa?» ma nessuna espressione plebea, tutto altamente cavalleresco. «Che ne so io? Plebee, sartine, borghesi». «Belle, belle, belle! Bel sangue! Varda che linea!».

«Le piacciono ancora tanto le donne?» domandai.

«Ma non sai (mi dava del tu, del lei, del voi) che la donna è la sola cosa rispettabile e seria nel mondo?»

«Sì, ma consuma tutto!».

Mi guardò col monòcolo con disprezzo, povero filisteo che io ero! Disse gravemente; «I denari spesi per adornare una donna, son i meglio spesi. Io non ho rimorsi».

Una sera, a Milano, lo invitammo a pranzo. Ma erano le sette e mezzo e non veniva. Presi una vettura e, per la nebbia, giunsi al suo albergo: uno dei signorili alberghi del Corso. Non aveva casa, Colautti. Lo trovo in una stanza, densa di tappeti, accecante di luce elettrica, in pijama. Si