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390 Diario sentimentale

Per suprema delicatezza, qualcuno fra questi nòbili giovani abbracciò, invece, Atropo, la sconsolata, e così troncò la sua vita.

Arturo Colautti aveva superato questo punto morto; e si era — come dire? — suicidato in altro modo: era diventato rètore di magnifiche parole; e grande epicureo.

Ma ogni tanto si rinserrava in certi sacri silenzi, e sembrava ricordarsi. Strano uomo! Pure avendo accettata la vita per ciò che essa è, conservò il gusto dei superbi dispregi, e la gioia amara di urtare con il quadrato petto contro la folla. Lo chiamavano bohémien. Non era cavaliere, nè accademico, nè professore; non aveva benefici ecclesiastici dalla democrazia, perchè era un aristocratico; non ne aveva dalla aristocrazia, perchè era democratico. Era un uomo da parecchi anni in istato di naufragio. Ogni tanto mandava questo grido: «Patria!» Ma era un uomo di sessant’anni che emetteva questo grido, ritenuto allora da fanciullo o da fantasma del Quarantotto, e nessuno gli dava piò retta. La borghesia meno che meno!

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I letterati risposero all’appello nell’esprimere il loro pensiero o giudizio su Colautti: ma vi spira