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di Alfredo Panzini 341

sottolineate, scritte a lei da un giovane ammiratore di Serra:... mi scrive che andrà al fronte a vendicare Renato.

Gino legge; crollò la testa, e disse semplicemente:

— Era un predestinato!

— E la sua famiglia? suo babbo? sua mamma?...

Questa parola religiosa «predestinato» egli ripetè poi con insistenza molte volte.

— In questa guerra — mi rispose — i miei non hanno sofferto niente, e questa è la mia gioia maggiore. È un romanzo che mantengo vivo col babbo e con la mamma, e lo condurrò sino alla fine. Vivo un romanzo! Essi sanno che io sono soldato; ma crèdono fermamente che io sia al sicuro da ogni perìcolo in una città di rifornimento del Veneto. Con mia madre mantengo l’illusione domandandole, nelle lettere, quali sono le nuove pubblicazioni, e interessandomi della moda. Ier l’altro, quando ritornai in Italia, con l’ànsia che avevo di andare a casa, mi sono prima fermato ad un albergo a ripulirmi un po’, a liberarmi dai pidocchi; una delle maggiori sofferenze. Altrimenti mia madre se ne sarebbe accorta.

Povera mamma!