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di Alfredo Panzini 333

Con lui sono altri soldati catalettici, ammutoliti, istupiditi dal terrore!

Nell’attesa del professor Silvagni, leggo una rivista mèdica: la carta stampata porta queste scientifiche parole: «Opoterapia: cura assai antica, ecc. ecc. Nei tempi primi l’uomo non si accontentava di soggiogare il nemico vinto, lo uccideva e lo divorava. Il sangue umano era considerato come alimento di primo òrdine, e altresì come agente dotato di misteriosa possanza. Il cuore, il fègato, ancora caldo, godevano sopratutto la fama di dare forza e coraggio, e trasfòndere al vincitore le qualità del vinto...»

La rivista porta una data anteriore alla guerra.

«Dottor Silvagni, io ho la persuasione che noi siamo assai peggiori dei pòveri selvaggi!» Ma non posso parlare così al dottor Silvagni. Egli mi guarderebbe come caso clinico.

***

Nos loquimur, noi parliamo. Parla Sir Grey, parla Barzilai, parla Gallieni, Dicono: la sconfitta dei tedeschi è certa! Conferenza militare a Calais. Ci va anche il nostro generale Porro. Essi, i tedeschi, non parlano: taciturni! Dove andran-