Pagina:Panzini - Diario sentimentale della guerra, 1923.djvu/337


di Alfredo Panzini 331

non pietà a chi alza la mano per la resa.» «Guerra è guerra», dice un soldato sannita, stupendo, tutto fasciato, spedito tre volte con l’olio santo (una palla anche nello stomaco). Ride sereno coi denti bianchi nel treno scuro. Furbo e buono. Io vedo in lui gli antichi legionari italici, quelli che vinsero Annibale.

***

A S. Orsola. Dove è morto il povero papà. Il sole ride pei lunghi corridoi della clinica, come trent’anni fa. Trent’anni fa accompagnai il babbo: oggi il figlio. Che roba è la vita? Incontro, che si alza dal letto, l’ing. Y... Grigio, per Dio! Ora sta bene: fu colpito da crisi nervosa dopo un assalto sul Carso. Non ferito. Dice anzi di aver acquistato la convinzione di essere invulneràbile. Debilitazione nervosa: occhi smarriti, ma, quanto all’aspetto, bene.

— Lassù, o si muore o si ingrassa; — dice.

Sintetizza la terribile anàlisi che già udii da altri. Valore e resistenza del soldato italiano tali, che noi non sospettiamo nemmeno. Manchevolezza, anche di presenza, negli alti comandi (per quello che lui sa). Reggimenti mandati alla morte contro posizioni imprendibili; trincee, anche pre-