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di Alfredo Panzini 175


— È finita! A Marsiglia, sul porto, tutte le finestre chiuse: la morte! Visione di morte. La Francia è finita. Sul quai ho visto passar quattro reggimenti di senegalesi, con quegli occhi cupi, insensati, e quelle spade, coltelli curvi. Nudi! Oh, li avesse visti! Orribile! Devono entrare nella carne quei coltelli! La carne, capisce? Applausi? Macchè! Il più tragico silenzio! La Francia è finita, finita, le dico... Fa il gesto eroico per gli altri, per sè, ma è finita. Inghilterra e Francia si odiano.

— E allora?

— Allora chi lo sa?

Appena toccata l’Italia, il mio caro Gino, è entrato nell’atmosfera tragica in cui noi da mesi viviamo. Ne è atterrito, si esalta: — Morire, capisce? Pensare che si deve morire! Ma io non ho che i miei vent’anni! Morire, perchè?1 Per la patria? Si morisse per la patria! Ma non si muore per la patria, più. Si muore per questa idiota civiltà, perchè tutti abbiano i guanti, il colletto, le scarpe coi tacchi di gomma, i maestri elementari, perchè le industrie producano tanto, perchè gli operai producano tanto, lavorino tanto, consumino tanto, perchè tutti abbiano il campanello elettrico,

  1. Questo mio amico sostenne poi tutta la guerra; prima come soldato, poi come ufficiale. Ometto gli avverbi, e gli aggettivi di lode, non piacendo nè a me nè a lui. Qui sono riferiti i sentimenti del momento.