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morte, ed esse — le cifre — sarebbero state prese sotto tutela da qualche altro: ma suo figliuolo — Giacomino — sarebbe divenuto non un impiegato, ma un libero professionista! ed ecco perchè Giacomino era entrato in Ginnasio e nella casa del cav. Antonio era entrato Rosa Rosae, genitivo e dativo, Fedro e la grammatica dello Schultz: arnesi di pensieri, dei quali il più domestico e perito era, a tutto dire, Giacominus ipse!

Il povero signor Antonio si confortava di respirare la libertà futura che avrebbe goduta il suo figliuolo, dottore, ingegnere, avvocato! Di altre soddisfazioni non ne aveva. Il thè che la sua signora offriva alle amiche nel giorno di ricevimento, aveva per lui un sapore di amarezza stantìa: e quanto al buon gusto della sua signora nel vestire egli era forse il solo a non apprezzarne tutta la finezza. Tuttavia anche lui aveva le sue oasi, rappresentate dalle rare e necessarie vacanze, e fra queste la più dilettosa e lunga era quella del Natale. «Tre giorni di pace in casa!» — pensava il signor Antonio rincasando — e passando dal pasticcere ha ordinato un dolce di vaste proporzioni: dal pollivendolo un tacchino, due capponi e tre dozzine di uova, dal droghiere, marsala e liquori. Con queste liete disposizioni di spirito il cav. Antonio entra nel lare domestico.

— Oimè! cos’è quest’aria di mistero? Perchè tutti si rimpiattano? dove è Giacomino?