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da corrientes alla frontiera 155

modo di caricarli è ben lungi dall’arieggiare la grazia del vaso sulle teste delle nostre contadine, e piuttosto fa’assomigliare quelle stupide cine a bestie da soma; ma è forse più igienico.

D’agricoltura non s’intendono, nè costumano; nondimeno seminano qualche volta del maiz (che si sa essere originario d’America) e delle zucche. All’epoca che credono che possa essere buona a mangiarsi la raccolta, vanno e raccolgono. Non lo macinano il maiz, ma questo e le zucche mangiano lesso o arrosto finchè son freschi: una raccolta perciò è fatta a poco per volta e dura qualche tempo. Per seminare usano una vanga di legno duro fatta come un piccolo remo, o come una grande punta di lancia, l’uomo apre la terra, la cina getta il seme e lo tappa, e addio. La sementa la fanno su un campo bruciato, fresco cioè quando sia piovuto da poco tempo.

La raccolta è in comune, ma son gelosi del prodotto. Quando eravamo a bordo, esauriti ormai quasi tutti i viveri e affamati di cibi freschi ed erbaggi, per essere più di tre mesi che ne eramo privi, fu accolta con gran gioia la presentazione di spighe di maiz e di zucche che ce ne fecero alcuni Indiani amici; amici, ma che pure ammazzarono il nostro interprete. I marinari poterono scuoprire dove era lo zuccaio e il granturcaio e furono nascostamente a sottrarne. Or bene, il giorno dopo tornati per ripetere la storia, trovarono le piante fino a una e le zucche tagliate o divelte o trinciate, insomma interamente rese inutili. E di cotesti Indiani non ne fu visto più uno.

Del resto, sembra che i Cristiani non desiderino che gli Indiani si dieno all’agricoltura. Mi si affermò che avendo essi trovato dei campi seminati dagli Indiani della frontiera amici, distrussero tutto il seminato, e che da allora gli Indiani di li non hanno più lavorato un palmo di terra. Tal desiderio risponde a un interesse, che è di impedire che gli Indiani prendano così possesso, riconosciuto allora legittimo anche dalle