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96 | parte prima |
ché? — Como no! rispondo io. E la Indiana tra il chiaro-scuro: Teniente toc tzi-la-tá! che vuol dire: «Il tenente si che è bello!» ma lo disse con tanta grazia di voce e con un atto tra ingenuo e civettuolo, tappando il viso dietro le spalle di un’altra e lanciando intanto un’occhiata lampeggiante, che io invidiai dal profondo del cuore il bel tenente.
Ecco un dialogo tra un giovane e una giovane.
Uomo. — Chi sarà quella li bellina che mi garba tanto?
Donna. — Chi sarà quello li bellino che gli voglio tanto bene?
Questo è un ritornello daddoloso che sembra lo usino molto.
Poi avvicinatisi:
U. — Ogni volta che ti vedo mi viene voglia di acchiapparti: chi sa che un giorno tu non caschi nelle mie braccia.
D. — Chi lo sa, camminando andiamo!
U. — Se mi vuoi bene, lasciamiti far carezze.
D. — Non mi devi far carezze, perchè mi vuoi bene: tu hai donna.
U. — Non ho chi mi possa dir niente; son solo, e se non fossi solo non ti parlerei così. — Addio! domani parto: sto fuori due anni....
D. — Oh!... mi rincresce.... Mi accorgerò della tua mancanza!...
U. — Non ti maritare in questo tempo.... Ti porterò vezzo, pezzuola da capo, aghi e filo.... Addio!
D. — Addio.... ritorna presto!
Mi astengo dal porre l’originale mattacco per tema di noiare. Ma ditemi se non trovate in questo dialogo da me raccolto i medesimi sentimenti e le espressioni come tra due persone di nostra stirpe?
Un matrimonio fatto in regola è celebrato con bevande spiritose, fatte coi baccelli dell’algarrobo e del vinal, e col miele dei boschi; di che v’intratterrò nel capitolo seguente.