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rita, in modo che primo nostro pensiero, nostro sogno, nostro impaziente desiderio, era l’infrangere le secolari catene, e cacciare al di là delle Alpi ogni satellite del dominio straniero. — Non vi era sagrifizio che a noi sembrasse tale quando avesse per iscopo la fine della nostra cattività; e cotesta nostra accanita e costante resistenza che ci opprimeva, questo nostro inveterato abborrimento del giogo, fu appunto ciò che ne tenne luogo per molto tempo di ogni altra civile virtù, che ne ottenne finalmente la simpatia dei generosi, e ne diede la forza di combattere e di vincere i nostri tiranni.

Riescì in parte nell’iniquo suo intento il dispotismo; poichè partendo ci lasciò molte piaghe, che le sue catene e le sue sferzate ne avevano aperte. — Ci lasciò un criterio confuso di ciò che merita il nostro rispetto o il nostro disprezzo, cosicchè ci fidiamo e diffidiamo di tutti, secondo il capriccio del momento; un folle amore dell’ozio, che sotto il dispotismo straniero vestiva agli stessi occhi nostri l’aspetto di resistenza passiva al non legittimo Signore, d’invincibile ripugnanza all’idea di servire l’odiato governo, ma che oggi dovremmo gettare lungi da noi. — Ed invece di ciò, questo sciagurato amore dell’ozio lo conserviamo gelosamente; e, ciò ch’è peggio ancora, tentiamo di onestarlo col medesimo pretesto che nei tempi passati poteva essere giusta ragione per astenerci da ogni ufficio. — E diciamo tuttora, che siam mal governati, che non abbiamo tutta la libertà che eravamo in diritto di aspettare; oppure diciamo (ciò che più si avvicina al vero), che abbiamo troppa libertà, che il governo difetta di forza, di fermezza, di coraggio, di sagacia, di risolutezza, d’ogni dote insomma necessaria a ben reggere una nazione; e ne concludiamo, che il nostro concorso, che l’opera nostra a nulla rimedierebbe, e che non dobbiamo consumarci senza frutto pel paese. — Pretesti miserabili, pretesti creati al solo scopo di non ispogliarci di un abito che lusinga il nostro istinto, nel quale si compiace l’indole nostra.

Altra piaga lasciataci dal dispotismo straniero, come già dissi, è l’inclinazione ad imputare ogni nostro danno, ogni sventura, ogni calamità al governo. — Durante la dominazione straniera, il governo portava l’azione sua in ogni direzione e sopra ogni cosa che gli sembrasse di tale azione meritevole o bisognosa, senza essere trattenuto dal rispetto dei diritti altrui nè delle altrui libertà, in una parola senza essere