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mente la meritata mercede; imperocchè chi vuol essere veritiero e di buona fede riconosce, che la città di Torino non ha sofferto dal trasferimento della sede governativa tutti quei danni che la minacciavano sulle prime; che essa non è rovinata ad un tratto dalla condizione di capitale di uno stato di primo ordine a quella di città di provincia, come sono le città francesi; ma che la energica ed intelligente operosità della sua popolazione le ha creato parecchie fonti di prosperità, parecchi centri d’industria, che tirando a sè i forestieri coi loro capitali formano un abbondante compenso al movimento ed alle ricchezze piuttosto apparenti che reali e sostanziali che circondano le Corti. — La fazione detta la Permanente non si compone dunque più che di pochi signori torinesi, fra i quali v’hanno dei partigiani del passato, dei così detti retrogradi, che dissimularono sulle prime il loro rammarico e il loro dispetto, perchè temevano appunto di essere additati come retrogradi, e che oggi credono di aver trovata una maschera sotto la quale possano dare sfogo ai loro odi e alle loro avversioni, senza che alcuno sospetti la vera origine degli uni e delle altre. Come in ogni fazione, v’hanno anche in questa degli uomini forviati, accecati, ma di buona fede, che credono o che si sforzano di credere che avversano il trasferimento della capitale per motivi patriottici; perchè il trasferimento della capitale a Firenze ne ritarda il trasferimento definitivo a Roma, perchè l’allontanamento della sede governativa dal Piemonte abbandona questa parte importante d’Italia alle ambiziose mire della Francia, ecc.

Ma tali pretesti non possono illudere lungamente chi li adopera per giustificare i propri errori; e la sola conclusione che possiamo da essi cavare si riduce a questo: che se col trasferimento della capitale a Firenze il nostro governo si è esposto a qualche imbarazzo o qualche pericolo, spetta a’ suoi veri amici, agli amici cioè del paese ch’esso rappresenta, di stringersi vie più a lui d’intorno, di prestargli vieppiù valido aiuto; mentre il creare nuovi ostacoli alla sua libera azione, per fargli sentire che alienandosi l’animo di alcuni suoi vecchi amici, esso si è spogliato di gran parte della sua forza, altro non è che una puerile ed ingiusta soddisfazione, procurata all’amor proprio di alcuni pochi, a spese dello stesso governo, ossia del paese.

La fazione detta la Permanente, nata dal dispetto di un certo numero di cittadini torinesi, è condannata dalla stessa sua origine e