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Così descrive Biagio Brugi1 le condizioni dello studio Padovano verso la fine del cinquecento in un suo dotto discorso inaugurale, condotto su documenti contemporanei. Il 1667, quando lo Stolnic Constantin Cantacuzino si iscriveva nell’Università dei giuristi, le condizioni eran certo mutate, ma non tanto che la fama del celebre Studio non attirasse ancora buon numero di studenti stranieri, specie greci, rumeni e polacchi. Certo il tempo, nel quale un ambasciatore poteva scrivere al Senato: „Prometto sopra la mia fede che nella Fiandra, nella Germania, e in quella parte della Francia, dove io sono stato, ha tanto credito questo Studio di Padova, che molti, colla sola riputazione d’esservi stati, sono ammessi a maneggi ed onori di molta importanza”2, era passato. Tuttavia, malgrado col chiudersi del secolo XVI, s’apra „un’età, nella quale la concorrenza delle Università estere comincia a farsi temibile per gli antichi studi italiani”3; ciò non vuol dire che debba ritenersi „un periodo di decadenza quello che s’inaugura per l’Italia col decimosettimo secolo. Discepoli da ogni parte dell’Europa convenivano in Italia ad ascoltare quei grandi Maestri, che la munificenza

  1. Dott. Biagio Brugi, Gli Scolari dello Studio di Padova nel Cinquecento, seconda ed. con un’appendice su gli Studenti tedeschi e la S. Inquisizione a Padova nella seconda metà del secolo XYI, Padova — Verona, Fratelli Drucker, 1901, pp. 41—68.
  2. Cfr. A. Favaro, Lo studio di Padova e la repubblica veneta in Atti del Reale Istituto Veneto, Tomo VI (1888), Serie VI, dispensa Settima, pp. 1067.
  3. Nè solo per ciò che riguarda lo Studio padovano. Emilio Costa, che, negli Studi e memorie per la Storia dell’Università di Bologna (Vol. I. Parte I. Bologna, 1907), ha narrato le vicende d’una cattedra (La prima cattedra d’umanità nello studio bolognese durante il secolo XVI) in quello Studio, conchiude la sua interessante ricerca con queste precise parole: „Le sorti della cattedra bolognese [d’umanità] seguono le vicende della decadenza profonda sopraggiunta rapidamente nella cultura umanistica italiana: già avvertita da un umanista tedesco [Valente Acidalius] in sullo scorcio del cinquecento ad un antico discepolo [Caselius cioè Chassel] del Vittori e del Sigonio: „Nunc si de Italia me interrogas, libere tibi respondeo: Italiani in media non video Italia. De studiis itidem si quaeris, audacter aio, coli ea rectius et melius in omni Germaniae angulo, quam in his ipsis Musarum adytis, nec video quid proficere magis possim in hoc quam in transalpino aere.” Cfr. Costa, op. cit., pp. 62—63. Acidali, Epistolarum centuria, Hanau, 1606, nonchè l’opera sempre utile del Bursian, Geschichte der class. Philol., V, 261. [Sulle vicende dello Studio di Padova verso il medesimo tempo, cfr. ora l’articolo di A. Favaro, Informazione storica sullo Studio di Padova circa l’anno 1580 in Nuovo Archivio Veneto, XXX, I].