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tutto il loro orgoglio per gettar loro un saluto, che nè Rama nè Achille, nè Sigfried nè Orlando avrebbero compreso.

— Presentate le armi!

e gl’ultimi feriti, forse poveri contadini degli Abruzzi o della Sicilia, lo compresero e presentarono le armi ai loro morti, offrendosi inermi agli ultimi colpi dei sacrificatori.

La poesia immortale ha protetto la vita di uno di quegli oscuri eroi per salvare dall’oblio quella parola che nessuno de’ suoi più grandi poeti, da Valmiki a Firdusi, da Omero a Dante, da Shakespeare a Hugo nelle più fervide ispirazioni del genio avevano saputo trovare, e che l’eroico colonnello pronunciò davanti ai proprii morti nell’oblio del mondo, per la civiltà del quale moriva.

E nell’Italia, istupidita nelle viltà privilegiate della sua borghesia costituzionale, vi fu chi non credendo a questa parola l’analizzò per giudicarla inventata. Da chi? Dal povero soldato che avrebbe mentito per la gloria del proprio colonnello morto. Ebbene: dite a Carducci che ceda a quel ferito il proprio posto di primo poeta d’Italia, perchè se quel soldato ha mentito è molto maggior poeta di lui. Andate a Caprera e ripetetela sulla tomba di Garibaldi: egli la crederà e perdonerà forse all’Italia che, lui morto, ha ancora dei De-Cristof-