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role, che traversano i secoli come una meteora lasciandovi una traccia inestinguibile.

Quando quella nuvola si dileguò, tutti giacevano in ordine come fossero allineati.

Era tempo.

L’Italia, troppo facilmente schiacciata nei moti del 21 e del 31, battuta per tutte le sue città e le sue campagne nel 48, scarsa vincitrice nel 59 a lato della Francia che la risollevava nel cospetto della storia, sconfitta miserevolmente nel 66 sulla fatale pianura di Custoza e nelle acque di Lissa; l’Italia, alla quale Garibaldi non aveva potuto infondere li cuore, Mazzini il genio, Cavour il senno; che entrata nel 70 a Roma di sorpresa mentre l’Europa preoccupata dell’immane duello franco-germanico non le badava e l’impero napoleonico, protettore del papato, ruinava nella ignominia di Sedan, da sedici anni stava china davanti a tutte le potenze, quasi vergognosa di aver compito la propria unità stracciando un trattato che la coscienza di nazione avrebbe dovuto vietarle di firmare; l’Italia trascinata a Vienna come damigella dell’impero austriaco, accettata a Berlino come una riserva dell’impero germanico, irrisa dal papato, mal rappresentata dal Parlamento, peggio governata dai Ministeri, aveva d’uopo di un eroismo nazionale che risollevandole la fronte le riassicurasse