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la rivoluzione attirando con ogni favore nell'orbita costituzionale la grossa maggioranza retriva del paese. Il Cavour, che aveva iniziata l'opera con meravigliosa destrezza, era morto troppo presto, ma i suoi migliori scolari la perseguirono credendola meno un espediente necessario alla consolidazione del fatto rivoluzionario che una vera legittimità del principio monarchico più alto della rivoluzione medesima.

La tradizione politica e moderata, nella quale il Cavour aveva agito slargandola, era ancora viva nel nuovo partito costituzionale, che considerava come nemici i rivoluzionari. Depretis rimase dunque sospettato e subalterno: la sua indiscutibile abilità parlamentare non gli permise di stare a paro con Minghetti e con Ricasoli, il miglior borghese e il miglior aristocratico del nuovo governo, nè di abbinarsi col Rattazzi, che solo aveva potuto rivaleggiare col Cavour e in alcune qualità forse lo superava.

Ministro a più riprese, possibile in tutti i gabinetti di mezzo carattere, capace di disimpegnare qualunque funzione come a reggere ogni portafoglio, insinuante, indifferente sui mezzi politici e privatamente onesto, avido di attività più che di azione, ambizioso di potenza meglio che di gloria, si destreggiò per quindici anni fra i successori del Cavour, abili partigiani, che istintivamente retrivi avrebbero voluto